Zollegrame

Nasce nel 2013, dall'unione delle forze di tre giovani aziende agricole: l'azienda Ranesorde (di Livio Quaranta), l'azienda Zollegrame (di Francesco Scopelliti) e l'azienda Dino Tassi (di Dino Tassi).
L'ambientazione è la Val Prino, situata alle spalle di Porto Maurizio (Imperia), percorsa dal torrente da cui prende il nome, è una lunga lingua verde che dal mare sale fino ai piedi del Monte Faudo e del Monte Moro.

Comprende il comune di Dolcedo quello di Prelà e Vasia e si sviluppa nel parte finale in quello di Imperia. Incantevoli borghi e frazioni compaiono qua e là tra infinite distese di ulivi. Muri a secco compongono continue scenografie incrociando vecchie mulattiere che si perdono a zig-zag tra sali e scendi senza sosta.

 

Qui, dagli albori della sua introduzione nella parte a nord-ovest del mediterraneo, l'ulivo monopolizza il territorio e ne sono dimostrazione i "bei" e le ruote da frantoio che si vedono ancora oggi rasenti i letti dei due torrenti: il Prino ed il Rio dei Boschi. Non è raro trovarsi in un uliveto e vedere, buttando l'occhio a sud, il mare; lo stesso che da alla valle il clima mite che la rende non solo una zona di produzione agricola, ma anche una zona ad elevata presenza turistica.

La voglia è quella di trovare un'uscita positiva dalla crisi. Crisi che negli ultimi anni ha svelato non solo la sua natura economica, ma sociale e psicologica. In un mondo che ha snaturato il concetto di lavoro e la relazione che le persone hanno con la sua presenza o con la sua assenza, in una società frantumata in un pulviscolo di complessità e divisioni, l'istinto per molti è stato quello di un ritorno alla semplicità ed all'essenza della terra; alla capacità di provare la natura, non sfruttandola, ma producendone ricchezza e benessere, sia personale che collettivo.

Una modalità di lavoro in cui si torna ad essere padroni di se stessi e delle proprie scelte mirando non esclusivamente al profitto, ma alla migliore formula che garantisca l'auto sufficienza sia in termini economici che psicologici.
Trasformare il lavoro non in obbligo, ma in passione e la produzione non in numero, ma in soddisfazione. In questa visione il rischio di impresa non diventa ansia, ma adattamento alla voglia e alla forza che ha la terra di fare, essendo disponibili anche ad una decrescita del proprio stile di vita in caso di raccolto scarso o di "brutta annata" come si dice da queste parti. Rompere gli indugi anche perché le alternative sono scarse e l'economia attuale è ritorta in un gioco speculativo fondato solo sul denaro e non sui beni reali.
E dalla realtà che parte questo progetto: la realtà di un sorriso mentre si sbatte, mentre si mettono le reti o si tratta con caolino, se si accende una motosega. Realtà così lontana da call center, precariato, alta finanza.